0° a 5000 mt (Zero gradi a 5000 metri)
2015-2022di Beba Stoppani
Nel luglio del 2015 l’impatto dell’ondata di calore sulle Alpi raggiunge il suo picco ed è tale che vengono vietate le escursioni in quota per il grave pericolo.
A queste temperature la cima (calotta di ghiaccio perenne) del M. Bianco si riduce e il ghiacciaio del Rodano si scioglie come un ghiacciolo nelle mani di un bambino.
Questo lavoro è un grido di contrizione e dolore per i danni che stiamo provocando a noi stessi e all’ecosistema. Un richiamo al rispetto e all’amore per la Natura e la Montagna che pur colpita nella sua integrità ancora ci regala bellezza e risorse.
Dalla fine dell’ultima glaciazione, intorno al 1850, il ghiacciaio del Rodano si ritrae.
Da allora per molte generazioni fino ad oggi si è mantenuta salva la tradizione di visitare la grotta di ghiaccio, non ugualmente siamo stati capaci di salvaguardarne l’ecosistema.
Ogni anno grande sforzo è messo nell’uso di teloni riflettenti per frenarne lo scioglimento in rapida e forte accelerazione…
Ma nel viavai continuo dei visitatori (piccole formiche) che entrano ed escono giocosamente dalla grotta, pochi sembrano essere consapevoli e “vedere” la deriva in cui siamo precipitati…
La Montagna offre oggi ancora la sua maestosa bellezza, ma le generazioni future che faranno?
Questo studio vuole essere un richiamo soprattutto per i giovani a una responsabilità più forte verso il nostro pianeta e verso una ecologia integrale dove Uomo e Pianeta, sullo stesso piano, siano rispettati e vissuti come un Unico Organismo Vivente.
P.S.
Questo lavoro è dedicato ad Antonio Stoppani, autore del Bel Paese, grande geologo e studioso di ghiacciai; a mio nonno Luigi Stoppani alpino classe 1881 della gloriosa V Alpini.
A mia zia che mi ha trasmesso i ricordi di famiglia legati al Furka Pass ed al Ghiacciaio del Rodano, che ho incominciato a visitare nel 1999.
di Gigliola Foschi
Già nel titolo del suo lavoro, 0°a 5000 mt., Beba Stoppani ci annuncia che il suo è un grido di dolore di fronte al dramma dello scioglimento dei ghiacciai, per l’esattezza quello del Rodano (Svizzera). L’autrice si trovava lì, ai piedi di questo ghiacciaio, quando l’ondata di calore “anomala” del luglio 2015, raggiunte le Alpi, lo faceva sciogliere come un “ghiacciolo nelle mani di un bambino” – così lei stessa racconta con scoramento. I dati geologici parlano chiaro e sono incontrovertibili: dal 1850 il ghiacciaio del Rodano è diminuito di oltre 3 chilometri. Nelle tre settimane di canicola del luglio 2015 è arretrato di ben 6 metri. Ma un conto è venirne informati, tutt’altra cosa vedere tale disastro sotto gli occhi, partecipare emotivamente al declino e alla sofferenza di questo gelido gigante, come riesce a fare Beba Stoppani. Lei non si limita infatti a documentare la tristezza e al contempo la grandiosità del ghiacciaio, ricoperto di teli riflettenti in un inane combattimento contro il sole e il riscaldamento planetario. Ma lo vede, e ce lo fa sentire, come l’esito simbolico e pregnante del nostro comportamento folle nei confronti di una natura che pure ci nutre e di cui facciamo parte. Lo osserva, quasi fosse un malato grave, con uno sguardo impotente, carico di pietas. Lo sguardo di chi assiste amorevolmente un sofferente, cui si dovrebbero prestare subito cure appropriate. Così il ghiacciaio – riparato sotto teli che ne lasciano scoperte alcune parti, simili a membra consunte – rivela ancor di più il suo declino, la sua scoraggiante vulnerabilità. Sembra una “persona”, a cui si vorrebbe, in un gesto d’amore, restituire anche la forza perduta, la dignità e la sua storia. Beba Stoppani (discendente del grande geologo/naturista/scrittore Antonio Stoppani, autore di Il Bel Paese, e antesignano osservatore dell’impatto umano sull’ambiente) ha nutrito le sue memorie private e famigliari con le visite proprio a questo ghiacciaio. E ora non può guardarlo con atteggiamento freddamente documentario. Così – oltre a proporre una serie d’immagini cariche di empatia – entra anche nel tunnel di ghiaccio blu che, per la gioia dei visitatori, viene scavato ogni anno alla base del ghiacciaio: s’immerge e ci immerge nella magia dei ghiacci che paiono trasformarsi in luminosi paesaggi lunari, in spazi aperti verso l’infinito. Ma come fare per restituire la memoria dell’antica possanza di questo ghiacciaio? La risposta la trova in una serie d’immagini d’epoca che ne testimoniano la trascorsa grandiosità. Immagini che lei stampa su una fragile e preziosa carta tradizionale coreana, come a indicare che la memoria è tenace ma anche pronta a svanire in un soffio, sommersa dall’oblio e dal tempo che scorre.