Enchanted Passages Percorsi incantati

2022

di Beba Stoppani

Proseguimento ideale della ricerca il Pianeta Perduto, l’attuale lavoro s’interroga ancora sul mistero della Natura e sul nostro possibile rapporto con essa. Passo dopo passo, seguendo un itinerario interiore, si snoda un percorso maturato nel tempo. Nel cammino si rinnova un dialogo intimo con la Natura che, attraverso linguaggi nascosti, si disvela attraverso segni, grafie e ritmi che accompagnano il battito del cuore di un viandante pieno di stupore. Suggestioni e risonanze emergono da visioni in lontananza, minuti dettagli si stagliano tra luce ed ombra, labirinti visivi affiorano, mostrando percorsi lucenti animati dal “Genius Loci” di una Natura ancora carica d’incanto.

di Gigliola Foschi

La Natura agisce in queste immagini come il suono nella voce: non paesaggio, veduta o scena, ma essenza del visibile, del suo ritmo. Come il poeta non imita la Natura, ma la lascia parlare dentro di sé, così Beba Stoppani interiorizza la voce stessa della Natura. Disloca le montagne, i sassi, i sentieri nel cuore del suo linguaggio personale, che si fa così prossimità, accudimento.  Molte sue immagini sono presentate in piccoli formati in modo da invitare anche l’osservatore a guardarle da vicino, affinché lo sguardo sia indotto a ritrovare una nuova sintonia con la Natura.  In alcuni casi la vicinanza che l’artista ha vissuto intimamente con i luoghi si è anche tradotta in un fare delicato che l’ha portata a segnare con puntini dorati antichi sentieri o le pieghe naturali delle montagne, quasi volesse trasformarli – appunto – in Percorsi incantati.  Nella pittura, in questi piccoli segni, l’autrice ha trovato uno strumento in più per rinnovare la possibilità di sperimentare ed esprimere le proprie sensazioni, le proprie emozioni.

In altre opere ha accostato tra loro scatti diversi, ma uniti da una sorta di sentire comune, da legami simili a enigmi.  Spesso, come negli antichi e preziosi dagherrotipi, ha anche inserito tali immagini – singole o multiple – in passepartout ovali, a loro volta accudenti e avvolgenti. Ciò garantisce l’isolamento delle sue opere dalle ingerenze esterne e al contempo concentra e riunifica gli elementi interni connettendoli nel loro intimo.  Tali passepartout – fungendo da cornici – diventano a pieno titolo “semantici”, portatori di un senso.  Di un senso che – occultando parti delle immagini – raduna al proprio interno una nuova forza vitale, e dona a queste opere un nuovo mistero. L’autrice, grazie a tale operazione, stimola lo spettatore a decifrare i segnali celati e inscritti nelle opere, a intraprendere a propria volta una ricerca di avvicinamento emozionale, un viaggio verso la Natura e i suoi codici nascosti.

Lei si limita a delimitare, a inquadrare e accostare immagini di montagne e di prati, di umili pietre e pendici sassose che però  – grazie a tali minimi interventi – si presentano  come le “pietre di sogno” amate in Cina verso la metà del XIX secolo, e di cui ha scritto  Roger Caillois.  Pietre-immagini che invitano lo spettatore a scorgervi figure allusive o a soffermarsi sulla loro magia e forza intrinseca. Non solo. Confondendo volutamente le coordinate tra il grande e il piccolo, il verticale e l’orizzontale, è come se l’autrice, grazie a tale disorientamento percettivo, volesse indurre l’osservatore a vedere la Natura diversamente, a meravigliarsi di fronte a essa in una sorta di gioco tra rivelamento e nascondimento. Le sue non sono infatti fotografie di paesaggi, né di sentieri o di pietre, ma dispositivi visivi che conducono verso il cuore silenzioso della Natura per rivederla, per togliere quella sensazioni di “già noto” che appanna la nostra vista. Così operando, sottrae le immagini alla logica della rappresentazione, per aprirle a quella delle emozioni, dell’immaginario e dell’ascolto.   

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