Il bosco di San Francesco
2013di Ilari Valbonesi
Da sempre il bosco è un atelier a cielo aperto per l’arte immersa nell’ambiente che ci circonda.
Anche quando ci appare come un fondale impenetrabile. Spettacolo di natura, spazio di libertà e di pensiero, il bosco fa il suo ingresso nell’arte fotografica del diciannovesimo secolo,rivoluzionando la pittura e il gusto per il paesaggio, con i ritratti della foresta di Fontainebleau di Gustave Le Gray in cui, la luce, filtrata dai rami, crea un’atmosfera di arte sacra molto amata da tutti i pittori che vi si rifugiano: Courbet, Rousseau, Corot; negli stati d’animo sospesi e colti in natura da Monet, Sisley e Renoir con la rapidità di un’impressione. Un movimento dell’arte nell’arte della rappresentazione in un magnifico laboratorio “a grandezza naturale” che unisce la tecnica pittorica con quella fotografica, nell’eccitante sfida di cogliere, con immediatezza sensuale, il mutare della luce e i misteri dell’eterno, fino a incantarsi nel dripping di una foresta di Pollock.
Il Bosco di San Francesco è il titolo di una serie di 25 fotografie di “luce ed energia” scattate tra il 2010 e il 2012 da Beba Stoppani sulle pendici del Monte Subasio, a pochi chilometri da Assisi. Il rigoglio della vegetazione e l’intimo legame con la storia e l’insegnamento del Santo di Assisi, Patrono d’Italia, fanno di questa selva un luogo mistico, unico al mondo. E’ un luogo sacro che da sempre suscita venerazione; luogo iniziatico di crescita organica e di rigenerazione, segnato dall’ordine simbolico dell’eremo, ma nello stesso tempo impossibile da governare; luogo magmatico per sua costituzione, dove ogni territorialità sprofonda in natura: ossa, bacche, battiti animali, funghi, memoria vivente e perduta, tutto partecipa alla decomposizione della materia organica che si fa humus e alimenta la terra. Nel bosco di San Francesco ci si addentra camminando. E’ un passo senza nessun riparo, simile ad una pratica di meditazione in ascolto del ritmo cosmico, dove lo sguardo umile di Francesco, simbolo di amore per la natura e il creato, ritorna ad essere una sorprendente indicazione etica, estetica ed ecologica. Ma il Bosco di San Francesco non è solo un cammino interiore alla scoperta di una natura sempre fonte di meraviglia: è il manifestarsi di un “sacro ritiro” che caratterizza anche il fare artistico e il venire alla luce dell’esperienza sensibile della luce stessa.
Scatto dopo scatto, mediante la semplice tecnica del mosso, Beba Stoppani trascende progressivamente gli aspetti più mimetici del bosco per isolare la visione, tessere trasparenze, intrecciare matasse, sciogliere atmosfere luminose, rintracciare forme estatiche, disegnare mandala, cogliere l’arborescenza nella sua fase attuale, in un costante rimando tra interno ed esterno, portando così lo spettatore a immergersi nella contemplazione di una materia resa completamente ottica. Il dispositivo d’attenzione – il taglio fotografico – focalizza e seziona il tratto di paesaggio sul quale l’artista punta la sua macchina ma, nello stesso tempo, eccede il suo atto di osservazione. Nel passaggio apprensivo, l’immagine dispiega il suo spazio etico: tempio a cielo aperto, in essa conviene una pluralità interspecifica di sguardi e prospettive dove gli eventi, imprevedibili, rimettono in gioco l’intera vita e unità di sviluppo e di percorso. In analogia, la mostra stessa è un divenire in corso d’opera, nella volontà di vivere un’esperienza in comune intorno ai valori di nonviolenza e di rispetto interspecifico e culturale.
Messico, Assisi, Italia, Venezia, Bucarest, Romania: tappa dopo tappa artisti, musicisti, letterati, scienziati di tutte le formazioni e le età sono invitati a contribuire con il loro vissuto del “Bosco” e della serie, mettendo così in relazione diverse prospettive formative e località geografiche nel mondo, in un dialogo continuo “sulle tracce” dell’altro che affiora così nella nostra stessa esperienza e ci trasforma.