Il Pianeta Perduto II
2019di Gigliola Foschi
La bellezza e le meraviglie della Terra, ma anche il dolore per il nostro “pianeta perduto”, sofferente, avvolto nelle spire del riscaldamento globale. Dopo le sue ultime ricerche dedicate al problema dello scioglimento dei ghiacciai (0° a 5000 mt), alla salvaguardia dell’ecosistema in Islanda (Sogno di una notte…) Beba Stoppani propone nuove opere della serie Il Pianeta Perduto, dove il suo sguardo sa stupirsi e perdersi di fronte alle bellezze della natura, ma anche farsi carico, con sommessa dolcezza, delle sue sofferenze. Il lavoro di questa autrice non è illustrativo, né documentario: ogni sua opera, infatti, è una carezza, un sussulto d’amore, la traccia di una vicinanza, di una prossimità. Le sue fotografie delle montagne del Vallese colgono un momento effimero, fragile, come quello della prima spruzzata di neve autunnale. Poi l’autrice evidenzia i camminamenti e le pieghe dei dorsi montani inserendo piccoli chiodini di rame, ottone e ferro che feriscono e impreziosiscono l’opera finale con luccichii discreti. Tale operazione paziente suggerisce come oggi sia divenuto sempre più necessario andare oltre il semplice vedere, verso un vedere toccando, con tutti sensi, nel tempo. Il suo è un esercizio di prossimità, gesto dopo gesto, chiodino dopo chiodino. Tali opere sconfinano oltre i dati visibili, vanno in profondità, oltre la superficie della carta fotografica, per offrirsi come il risultato di una integrazione di esperienza dello sguardo ed esperienza del corpo. Come scrive lo storico dell’arte Rolando Bellini, tali opere “immaginali” ci offrono una “rappresentazione visiva che si fa vibrante e al contempo immobile, materica e immateriale, reale e irreale, che finisce per coagularsi in una sospensione accadente ottenuta tramite il medium fotografico”. Alla dimostrazione oggettivante il suo lavoro sostituisce la metafora, il dis-orientamento, l’allusione.
Invita a riattivare la nostra phantasia offuscata, ricercando reciprocità e sintonie sottili. Così altre immagini della serie Il Pianeta Perduto II mostrano la terra dall’alto come un planisfero misterioso, come una mappa da decifrare punteggiata da strane ferite. Perturbanti, simili a quadri di pittura informale, queste opere quasi indecifrabili suggeriscono che per vedere il paesaggio si dovrebbe immaginarlo nuovamente. I lavori di Beba Stoppani indicano cioè che la visione si può arricchire attraverso altri sensi, e che memoria, tempo e immaginario contribuiscono a plasmarne la percezione.