Sogno di una notte
2017di Beba Stoppani
“…Stà nei sogni la possibilità del futuro…”
William Shakespeare
Contrappunto naturale al lavoro sul ghiacciaio del Rodano “0 gradi a 5000 metri” (2016) che si focalizzava sul problema del riscaldamento globale, questo nuovo progetto sull’ Islanda si basa sulla volontà di superare la denuncia, la negazione, per focalizzarsi sulla volontà di enunciare un modello reale di vita sociale, ambientale, culturale a cui ispirarsi per un possibile futuro di sostenibilità ambientale. L’Islanda, paese magico dove i sogni si fanno realtà, si rivela (allo scopritore) esempio meraviglioso di vita, luogo incantevole di contrasti emozionanti, amato e tenacemente salvaguardato dai suoi abitanti. Coi suoi amplissimi paesaggi, ondulati e fluttuanti,terra senza traccia di volgarità, rigenera l’anima nella vastità silenziosa di una natura che accoglie, abbraccia forti contrasti: mare di lave nere e dolci declivi di erbe verdissime, tappeti di muschi e licheni, fuoco di vulcani e acqua di ghiacciai. La luminosità della luce di mezza notte priva d’ombre amalgama tutti i contrasti come in un sogno, con un senso di sospensione fatata. Simile a una energia “numinosa” armonizza e pacifica i tormenti della mente, i dibattiti del cuore. Tutto è ancora possibile, si può ancora tentare, recuperare, provare. Ancora si può guardare avanti per costruire un futuro, una coscienza/conoscenza nuova.
di Gigliola Foschi
L’ultima ricerca di Beba Stoppani nasce da un viaggio in Islanda durante il solstizio d’estate, quando la luce mite e tenace del giorno nordico trionfa sulla notte fino a cancellarla, fino a ridurla a un quasi nulla. Un viaggio dove ogni immagine è la traccia potente di un incontro forte ed emozionante, ma anche una tappa di avvicinamento “dentro” l’Islanda: in un contatto ravvicinato con la sua natura di una vitalità densa e cupa, con la sua storia dove saghe e leggende si coniugano con la violenza della caccia alle balene. Questa autrice non costruisce infatti una narrazione aperta e instabile, costituita da immagini simili a frammenti evocativi e fragili, colti quasi casualmente con la coda dell’occhio – così come viene fatto da molti, forse troppi, giovani autori contemporanei. No, tutto al contrario ogni sua immagine ha la forza sintetica di un’icona e s’impone come una presenza concentrata, carica di rimandi. E questo è reso possibile grazie a scelte visive sempre aderenti alle particolari emozioni suggerite di volta in volta dai diversi soggetti che si trova di fronte – non a uno stile fotografico buono per ogni occasione. Così Beba Stoppani presentifica la terra d’Islanda con due polittici giocati su un mosso controllato, capace di evidenziare l’energia grandiosa, primigenia e atemporale del suo paesaggio ondulato e fluttuante, avvolto nelle tenebre e sovrastato dalla luminosità di un estivo giorno immortale. Poi, quando penetra nella calotta del gigantesco ghiacciaio Vatnajökull, il suo sguardo si fa prossimo, nitido e ravvicinato, come a voler ritrovare le forze nascoste, le magie di questo ventre gelido. Infine l’autrice incontra la testa, ossificata e corrosa dal tempo, di un grande cetaceo, simbolo doloroso di una caccia alle balene praticata per secoli dagli islandesi. E ci presenta questo teschio racchiuso in una sorta di pala d’altare, quasi fosse il busto dolente di un Cristo antico: caricata di sacralità, sospesa tra immanenza e trascendenza, morte e vitalità, tale opera, diviene allora un monito aperto alla speranza, a un futuro dove l’uomo sappia rispettare la natura.